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Cassazione: possibile il riconoscimento giudiziale della qualifica superiore nelle società partecipate


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Con la sentenza n. 35421 del 15.07.2022, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico non è disciplinato dal d.lgs. n. 165 del 2001, bensì dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro alle dipendenze di privati, che trovano applicazione in assenza di una disciplina speciale derogatoria. L’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 e la legislazione della Regione Sicilia, che fa divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria della Regione di procedere all’assunzione di nuovo personale ed impone il contenimento della spesa per il personale, non comportano una deroga all’applicazione, quanto alla disciplina delle mansioni, dell’art 2103 cod. civ.”.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di una società consortile a totale partecipazione pubblica, ricorre giudizialmente al fine di richiedere, tra le altre cose, il riconoscimento della qualifica superiore.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che anche le società partecipate soggiacciono agli stessi vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche in merito all’applicazione dell’art. 2103 c.c.

La sentenza

La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – rileva, preliminarmente, che la partecipazione pubblica delle società c.d. in house non muta la natura di soggetto privato delle stesse, le quali restano assoggettate al regime giuridico privatistico.
È possibile una deroga a tale impostazione solo in caso di specifiche disposizioni di segno contrario o di ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica.

Secondo i Giudici di legittimità, quest’ultima ipotesi si rinviene in materia di costituzione del rapporto di lavoro, posto che è il legislatore ad imporre alle società partecipate procedure di reclutamento, equivalenti a quelle delle P.A., ispirate ai principi dell’evidenza pubblica con onere in capo agli amministratori di perseguire politiche di contenimento della spesa.

Diversamente, continua la sentenza, in assenza di una norma speciale (prevista, in materia di inquadramento, solo per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni) e in ragione dell’ontologica diversità fra costituzione del rapporto di lavoro e gestione dello stesso, la disciplina delle mansioni superiori nelle società partecipate non può che essere quella dettata dall’art. 2103 c.c. (applicabile al rapporto di lavoro di diritto privato).

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del dipendente, a fronte della possibilità di riconoscimento giudiziale della mansione superiore.

A cura di Fieldfisher