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Cassazione: il dipendente demansionato non può rifiutare lo svolgimento di mansioni inferiori al livello di appartenenza


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Con l'ordinanza n. 24118 del 03.10.2018, la Cassazione afferma la legittimità del licenziamento del dipendente che si rifiuta di svolgere mansioni inferiori al livello di appartenenza, posto che l'illegittimo comportamento datoriale abilita il prestatore a rivolgersi al Giudice, ma non anche a rifiutare aprioristicamente lo svolgimento della prestazione (sul punto si veda anche: Cassazione: il lavoratore deve eseguire anche le mansioni fuori qualifica richiestegli dal datore).

Il fatto affrontato

La lavoratrice, cuoca nell'ambito del servizio ristorazione appaltato alla società datrice presso una scuola d'infanzia comunale, impugna giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogatole per essersi rifiutata di portare nelle classi le colazioni da distribuire, dopo averle preparate.
A fondamento della propria domanda, la medesima deduce che il comportamento preteso dall’azienda esulava dai compiti propri della qualifica di appartenenza.

L’ordinanza

La Cassazione, ribaltando quanto statuito dalla Corte d’Appello, afferma che l'illegittimo comportamento del datore, consistente nell'assegnare il dipendente a mansioni inferiori a quelle corrispondenti alla sua qualifica, non può giustificare il rifiuto aprioristico della prestazione lavorativa.

In tali casi, secondo i Giudici di legittimità, il lavoratore può richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarne l'adempimento, essendo tenuto ad osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dall'imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 c.c.

Per la sentenza, il prestatore può legittimamente invocare l'art. 1460 c.c., rendendosi inadempiente, solo in via eccezionale, laddove vi sia un inadempimento datoriale totale o comunque tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle sue esigenze vitali o da esporlo ad una responsabilità penale connessa allo svolgimento delle nuove mansioni.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla società, non avendo la sentenza impugnata svolto un’adeguata verifica circa l’entità dell'inadempimento datoriale e la sua incidenza sul vincolo sinallagmatico tra le obbligazioni scaturenti dal rapporto di lavoro.

A cura di Fieldfisher