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Cassazione: norme sicurezza sul lavoro tutelano tutte le persone che si trovino occasionalmente nei luoghi di lavoro


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Con l’ordinanza n. 5282 del 06.03.2018, la Cassazione, in tema di infortuni sul lavoro, afferma che, da un lato, le relative norme prevenzionistiche devono essere attuate non solo a tutela dei dipendenti, ma anche di tutte le persone che si trovino occasionalmente sui luoghi di lavoro, e, dall’altro, che il processo civile teso a richiedere il risarcimento dei danni in conseguenza del sinistro occorso nel luogo di lavoro non deve essere influenzato dall’eventuale procedimento penale incentrato sul medesimo accadimento.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, collaboratore professionale a carattere continuativo della società, manovrando, all’interno dei locali di una nuova unità produttiva aziendale, la porta di una cella frigorifera, non ancora sottoposta a collaudo, subisce un grave infortunio, che gli provoca un’invalidità permanente.
Ricorre, pertanto, giudizialmente per richiedere il relativo risarcimento del danno.
Si costituisce la società, affermando la propria totale assenza di responsabilità, come accertato anche dalla sentenza penale emessa sul punto, in quanto non avendo ancora la disponibilità dei locali non poteva adottare alcun provvedimento a tutela delle proprie maestranze.

L’ordinanza

La Cassazione, censurando parzialmente la pronuncia della Corte di Appello, statuisce i seguenti principi in materia di sicurezza sul lavoro:
• le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, che trovano applicazione generalizzata a tutti i settori di attività pubblica e privata, devono essere osservate non solo a tutela dei dipendenti, ma anche di tutti quei soggetti ad essi equiparati (ad esempio i soci della società) e delle persone che, pur estranee all’impresa, si trovino occasionalmente sui luoghi di lavoro;
• grava sul datore l'onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta, e di aver adottato tutte le misure che, in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica, siano necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore, vigilando, altresì, sulla loro osservanza;
• onere del lavoratore è, invece, quello di allegare e provare l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, l'esistenza del danno ed il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione;
• in caso di richiesta giudiziale del relativo risarcimento, il datore può, pertanto, eccepire l’assenza di responsabilità propria, solo se riesce a provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile, avendo apprestato tutte le misure per evitarlo;
• a tal proposito lo stesso non può addurre quale fatto liberatorio della propria responsabilità il comportamento abnorme del lavoratore se la condotta è intervenuta nell’esecuzione delle ordinarie mansioni assegnate al prestatore;
• se per lo stesso infortunio sul lavoro sono stati radicati contemporaneamente due giudizi, uno penale e l’altro civile, quest’ultimo deve proseguire normalmente il suo corso senza che il relativo procedimento sia influenzato dal primo.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, applicando i suddetti principi al caso di specie, ha accolto il ricorso principale proposto dal lavoratore, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

A cura di Fieldfisher