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Cessazione dell’attività, non necessariamente delocalizzazione. Le novità in Legge di bilancio.


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Con l’espressione delocalizzazione, si fa riferimento, di solito, al trasferimento del processo produttivo, o di alcune fasi di esso, in aree geografiche o Paesi in cui esistono vantaggi competitivi, consistenti generalmente nel minore costo dei fattori produttivi e, in particolare, della manodopera.

Considerando le disposizioni di cui all’ art. 1, commi 224/236, della recente Legge di bilancio 2022, si può subito osservare che, nonostante se ne sia parlato come di una nuova normativa sulle delocalizzazioni, si tratta, a ben vedere, di un insieme di disposizioni riguardanti la chiusura di parti di aziende e non necessariamente del trasferimento di segmenti del processo produttivo in una diversa area del Paese di precedente insediamento o in un altro Paese. 

Una normativa sulle delocalizzazioni vere e proprie è stata quella introdotta dal cosiddetto “decreto dignità” (d.l. n. 87/2018-l. conv. n. 96/2018), che ha previsto la decadenza dal beneficio degli aiuti di Stato ”… qualora l'attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'Unione europea, ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata (art. 5 del d.l. 87/2018)." 

Le disposizioni della Legge di bilancio, invece, si limitano a considerare l’intenzione “… di procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività …”, senza dare rilievo allo spostamento della attività già esercitata da un luogo all’altro (art. 1, comma 224).

Questo significa anche che, per l’applicazione delle nuove disposizioni, non è necessario lo spostamento di attività, ma anche che le medesime disposizioni restano applicabili laddove alla cessazione dell’attività in un luogo faccia seguito una nuova attività avviata in un altro luogo. 

I DATORI DI LAVORO INTERESSATI DALLA NUOVA NORMATIVA : 

Specifiche disposizioni sono dedicate alla individuazione dei datori di lavoro destinatari della nuova normativa. 

Fra questi rientrano i datori che, nell’anno precedente l’informativa da fornire a stregua del comma 224, hanno occupato in media almeno 250 lavoratori dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti (comma 225). 

Per espressa previsione, sono esclusi dal campo di applicazione della normativa in esame le imprese, commerciali e agricole, che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e, quindi, in condizione di accedere alla composizione negoziata per la soluzione della crisi di cui al d.l. n. 118/2021 (comma 226). 

LA CONDIZIONE CHE RENDE APPLICABILE LA NUOVA NORMATIVA : 

Le articolazioni di una stessa azienda a cui fa riferimento la nuova normativa - sede, stabilimento, filiale, reparto autonomo - sono le stesse che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori considera ai fini dell’applicazione di particolari regole ai licenziamenti individuali. 

La ratio delle recenti disposizioni induce a ritenere che il presupposto sui cui, ai fini dell’applicazione delle stesse, si concentrerà l’attenzione è costituito dall’impatto negativo sul numero degli occupati, con almeno cinquanta lavoratori coinvolti, con minore attenzione su come sono da intendere le elencate articolazioni aziendali. 

La formulazione del comma 224, fornisce, tuttavia, una indicazione: la ripetizione dell’articolo indeterminativo per ciascuna delle articolazioni elencate, in particolare, potrebbe far ritenere che l’impatto sulla occupazione debba essere valutato isolatamente, ossia con riferimento a ciascuna delle diverse articolazioni senza poter sommare le contrazioni occupazionali eventualmente riguardanti articolazioni diverse. 

L'OBBLIGO DI INFORMAZIONE :  

Una volta che la chiusura fa emergere la prospettiva del “… licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50 …”, diviene attuale l’onere per il datore di lavoro di procedere, almeno 90 giorni prima dell’avvio della procedura di riduzione del personale/licenziamento collettivo prevista dall’art. 4 della l. n. 223/1991, procedere ad una informativa alle RSA o alla RSU nonché alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, contestualmente, alle Regioni interessate, al Ministero del lavoro, al Ministero dello sviluppo economico e all’ANPAL (comma 224). 

L’informativa, che può essere effettuata anche per il tramite dell’associazione a cui il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato, indica le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della chiusura, il numero e i profili professionali del personale occupato e il termine entro cui è prevista la chiusura (comma 227). 

La mancata effettuazione dell’informativa è pesantemente sanzionata: in tal caso, infatti, i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e i licenziamenti collettivi sono considerati nulli, come sarebbero nulli anche i licenziamenti prima dello scadere del predetto termine di novanta giorni. 

IL PIANO PER LIMITARE LE RICADUTE OCCUPAZIONALI E ECONOMICHE :  

Entro sessanta giorni dalla informativa, il datore di lavoro elabora un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e lo presenta agli stessi soggetti destinatari della informativa: RSA o RSU e, contestualmente, alle Regioni interessate, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e all'ANPAL (comma 228). 

Il piano non può avere una durata superiore a dodici mesi e indica: 

a) le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi, quali il ricorso ad ammortizzatori sociali, la ricollocazione presso altro datore di lavoro e le misure di incentivo all'esodo;

b) le azioni finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego, quali formazione e riqualificazione professionale anche ricorrendo ai fondi interprofessionali;

c) le prospettive di cessione dell'azienda o di rami d'azienda con finalità di continuazione dell'attività, anche mediante cessione dell'azienda, o di suoi rami, ai lavoratori o a cooperative da essi costituite;

d) gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali a favore del territorio interessato;

e) i tempi e le modalità di attuazione delle azioni previste.

Entro trenta giorni dalla sua presentazione, il piano è discusso con le rappresentanze sindacali alla presenza dei rappresentanti delle regioni interessate, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico e dell'ANPAL. In caso di accordo sindacale, si procede alla sottoscrizione del piano, a seguito del quale il datore di lavoro assume l'impegno di realizzare le azioni in esso contenute nei tempi e con le modalità programmate (comma 231). 

In caso di accordo sindacale di cui al presente comma, qualora il datore di lavoro avvii, al termine del piano, la procedura di licenziamento collettivo, non è dovuto il contributo che normalmente trova applicazione in caso di licenziamento senza che sia stato raggiunto in proposito un accordo (art. 2, comma 35, l. n. 92/2012). 

L'INNESTO DELL'ACCORDO DI TRANSIZIONE OCCUPAZIONALE : 

Qualora il piano venga firmato, potrà trovare applicazione un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria finalizzato al recupero occupazionale dei lavoratori, pari a un massimo di dodici mesi complessivi non ulteriormente prorogabili, in attuazione dello schema dell’accordo di transizione occupazionale, introdotto dalla stessa legge di bilancio. Schema che comporta la definizione di azioni finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego, quali formazione e riqualificazione professionale, anche ricorrendo ai fondi interprofessionali (comma 229).

Per i lavoratori interessati dal piano è previsto altresì l’’accesso nel programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL) (comma 232). 

MONITORAGGIO DELL'ATTUAZIONE DEL PIANO :  

Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare mensilmente ai soggetti destinatari dell’informativa lo stato di attuazione del piano nonché dei risultati conseguiti (comma 234). 

IL CONTROLLO SUL PIANO E PARTICOLARI AGGRAVI ECONOMICI : 

Qualora il piano non venga presentato, il datore deve pagare il doppio del contributo di cui art. 2, comma 35, l. n. 92/2012 (che è il contributo connesso al licenziamento collettivo) e, inoltre, è tenuto a dare evidenza della mancata presentazione del piano nella dichiarazione individuale di carattere non finanziario di cui al d.lgs. n. 254/2016 (dichiarazione che, a stregua dell’art. 3 del predetto decreto legislativo, è finalizzata ad assicurare la comprensione dell'attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell'impatto dalla stessa prodotta e copre i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell'impresa) (comma 235). 

La struttura per le crisi di impresa, operante presso il Ministero dello sviluppo economico, effettua la verifica formale sulla sussistenza nel piano degli elementi richiesti. 

Qualora il piano non li contenga, il datore deve pagare il contributo raddoppiato di cui si è detto sopra. 

In caso di mancata sottoscrizione dell'accordo sindacale sul piano, il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo di cui all'art. 2, comma 35, della l. n. 92/2012, aumentato del 50 per cento.  

Il contributo raddoppiato si applica anche qualora il datore di lavoro sia inadempiente rispetto agli impegni assunti, ai tempi e alle modalità di attuazione del piano, di cui sia esclusivamente responsabile. 

LE PARTICOLARI REGOLE APPLICABILI AD  UN EVENTUALE SUCCESSVO LICENZIAMENTO:  

Qualora non sia stato sottoscritto l’accordo sindacale sul piano volto a limitare le ricadute occupazionali e il datore di lavoro avvii la procedura di licenziamento collettivo (non prima dei previsti 90 giorni, stante che altrimenti il licenziamento sarebbe nullo), la procedura, articolata nella fase sindacale e nella fase amministrativa dall’art. 4 della l. n. 223/1991, potrà saltare la fase sindacale dell’esame congiunto (comma 236).