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Corte dei Conti: danno erariale per la lavoratrice che entra in graduatoria senza il titolo richiesto


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Con la sentenza n. 19 del 08.02.2023, la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, afferma che il fraudolento conseguimento dell’incarico sulla base di false dichiarazioni sul possesso del titolo comporta l’irrimediabile rottura del rapporto di lavoro e, per l’effetto, le retribuzioni percepite risultano sprovviste di quella giusta causa che sempre deve legittimare la loro liquidazione.

Il caso affrontato

La lavoratrice riceve la contestazione di responsabilità contabile per un danno erariale di € 49.662,58 per le retribuzioni illecitamente percepite a carico del MIUR, stante la falsa autocertificazione del possesso del titolo di studio richiesto per essere inserita nelle graduatorie per l’accesso al ruolo di collaboratore scolastico.

La sentenza

La Corte dei Conti rileva, preliminarmente, che l’inserimento in una graduatoria attraverso la dolosa attestazione di un titolo di studio abilitativo mai conseguito comporta un danno all’erario sotto il duplice profilo dell’ingiustificato ottenimento dell’impiego presso l’amministrazione senza idoneità e della conseguente indebita percezione delle corrispondenti retribuzioni a carico delle pubbliche finanze.

Per i Giudici, infatti, l’espletamento della mansione lavorativa non supportata da idoneo e prescritto titolo di studio non integra alcun idoneo vantaggio compensativo.
Posto che l’Amministrazione non richiede né remunera una qualsiasi prestazione, bensì prestazioni corrispondenti a predeterminati parametri, in relazione ai quali determina ex ante il titolo di studio minimo richiesto per l’accesso all’impiego.

In altri termini, continua la sentenza, il difetto della professionalità richiesta rende la prestazione lavorativa del tutto inadeguata alle esigenze amministrative e la controprestazione, ovvero la retribuzione corrisposta, non risulta correlata alla prestazione, essendo venuto meno il relativo rapporto sinallagmatico.

Su tali presupposti, la Corte dei Conti condanna la lavoratrice al risarcimento del danno patrimoniale prospettato in citazione, pari alle retribuzioni lorde conseguite senza titolo.

A cura di Fieldfisher