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Cassazione: quando è legittima la ripetizione del patto di prova?


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Con l'ordinanza n. 28252 del 06.11.2018, la Cassazione afferma che è ammissibile il patto di prova in due contratti di lavoro successivamente stipulati tra le stesse parti, a condizione che lo stesso sia finalizzato alla verifica del comportamento del lavoratore, modificabile nel tempo da molteplici fattori, quali le abitudini di vita od i problemi di salute.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, assunta dalla stessa società con contratto a tempo indeterminato, a distanza di circa un anno e mezzo dall'ultimo rapporto di lavoro a termine, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per mancato superamento del periodo di prova.
A fondamento della propria domanda, deduce la nullità ed inefficacia del patto di prova e la conseguente illegittimità del licenziamento, sul presupposto di aver già superato la prova inserita nel precedente contratto per lo svolgimento delle medesime mansioni.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, ribadisce, preliminarmente, che la causa del patto di prova va individuata nella tutela dell'interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore che il prestatore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest'ultimo, a sua volta, valutando l'entità della prestazione richiestagli e le relative condizioni di svolgimento.

Per i Giudici di legittimità, quindi, il patto di prova è ammesso anche in due contratti di lavoro successivamente stipulati tra le stesse parti, purché sia finalizzato a permettere all'imprenditore di verificare non solo le qualità professionali, ma anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione: elementi questi suscettibili di modificarsi nel tempo per l'intervento di molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute.

Su tali presupposti, la Cassazione respinge il ricorso proposto dalla lavoratrice.

A cura di Fieldfisher