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Cassazione: il pubblico dipendente non può essere al contempo imprenditore agricolo


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Con l’ordinanza n. 27420 del 01.12.2020, la Cassazione afferma che, anche la partecipazione alle imprese agricole, se caratterizzata da abitualità e professionalità, è incompatibile con un rapporto di lavoro alle dipendenze della PA, perché, interferendo con l'attività ordinaria del dipendente, è lesiva dei principi costituzionali di esclusività e di imparzialità della prestazione a favore del datore di lavoro pubblico.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente comunale assunto con rapporto a tempo pieno, dopo aver ottenuto la trasformazione in tempo parziale per occuparsi dell’azienda agricola di cui era socio ed amministratore, ricorre giudizialmente per chiedere la restituzione dell’orario full-time, a seguito della cancellazione dell’impresa dal relativo registro.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, ritenendo incompatibile la carica societaria ricoperta con lo status di pubblico dipendente.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che la materia dell'incompatibilità e del cumulo di impieghi ed incarichi negli enti locali territoriali è regolata in modo articolato, sia da fonti primarie che della contrattazione collettiva nazionale di comparto.

Per la sentenza, detta normativa prevede tre distinte ipotesi:
1) attività assolutamente incompatibili, che non si possono esercitare nemmeno con autorizzazione (sul punto, l’art. 60 TUPI stabilisce che: "L'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del Ministro competente");
2) attività consentite, per cui non è necessaria l'autorizzazione;
3) attività consentite previa autorizzazione.

Secondo i Giudici di legittimità devono, dunque, ritenersi incompatibili tutte quelle attività che presentino i caratteri della abitualità e professionalità idonee a disperdere all'esterno le energie lavorative del dipendente e ciò al fine di preservare queste ultime e tutelare il buon andamento della PA, che risulterebbe turbato dall'espletamento da parte dei propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, ritenendo l’attività agricola svolta in forma societaria rientrante tra le ipotesi di incompatibilità, rigetta il ricorso proposto dal pubblico dipendente.

A cura di Fieldfisher