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Cassazione: diritto del dipendente ai danni complementari in aggiunta all’indennizzo INAIL


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Con l’ordinanza n. 20392 del 01.08.2018, la Cassazione afferma che il dipendente infortunato ha diritto a vedersi riconosciuto dal datore il risarcimento per i c.d. danni complementari in aggiunta all'indennizzo ottenuto dall’INAIL, posto che l'indennità erogata dall'Istituto non può considerarsi integralmente satisfattiva del diritto al risarcimento in capo al prestatore coinvolto.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, dopo aver riportato delle importanti lesioni a seguito dello scoppio di una lampada posizionata sopra il macchinario che stava utilizzando, ricorre giudizialmente al fine di richiedere il relativo risarcimento del danno.
In conseguenza di ciò, la Corte d’Appello condanna la società datrice a corrisponderle una somma esclusivamente a titolo di danno morale, respingendo l’ulteriore richiesta di ottenere anche una cifra ulteriore per il danno biologico subito, sul presupposto che in ordine a tale ultima voce doveva considerarsi totalmente satisfattivo l’indennizzo già erogatole dall’INAIL.

L’ordinanza

La Cassazione, ribaltando la statuizione della Corte d’Appello, a proposito delle modalità di calcolo del risarcimento, sulla base delle diversità qualitative e quantitative esistenti tra il diritto all'integrale risarcimento del danno subito dal lavoratore ed il diritto alle prestazioni assicurative dipendenti dal medesimo infortunio, afferma che le somme eventualmente versate dall'INAIL a titolo di indennizzo non possono considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato o ammalato.

Per i Giudici di legittimità ne consegue che, a fronte di una domanda del lavoratore che chieda al datore il risarcimento dei danni connessi all'espletamento dell'attività lavorativa, il giudice adito, una volta accertato l'inadempimento, dovrà verificare se, in relazione all'evento lesivo, ricorrano le condizioni soggettive ed oggettive per la tutela obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ed in tal caso, potrà procedere all'individuazione dei danni richiesti che non siano riconducibili alla copertura assicurativa (c.d. "danni complementari"), da risarcire secondo le comuni regole della responsabilità civile.
Ulteriormente, continua la sentenza, ove siano dedotte in fatto dal lavoratore anche circostanze integranti gli estremi di un reato perseguibile di ufficio, potrà pervenire alla determinazione dell'eventuale danno differenziale, valutando il complessivo valore monetario del danno civilistico secondo i criteri comuni, con le indispensabili personalizzazioni, dal quale detrarre quanto indennizzabile dall'INAIL, in base ai parametri legali, in relazione alle medesime componenti del danno, distinguendo, altresì, tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla lavoratrice, cassando con rinvio la sentenza impugnata al fine di determinare correttamente il risarcimento spettante alla medesima.

A cura di Fieldfisher