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Corte Costituzionale: legittima l’esclusione dalla perequazione automatica delle pensioni con importo elevato giustificata da esigenze finanziarie


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Con l’ordinanza 96 del 11.05.2018, la Corte Costituzionale afferma la legittimità della normativa che ha escluso dalla perequazione automatica i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS, riconoscendola, invece, in maniera integrale per i trattamenti pensionistici fino a tre volte il trattamento minimo INPS e, in diverse misure percentuali, per quelli compresi tra tre e cinque volte il trattamento minimo INPS.

Il caso affrontato

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, adita sul punto da 81 pensionati, solleva, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), nella parte in cui stabilisce che, per il solo anno 2014, “la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici non è riconosciuta con riferimento alle fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS”.

L’ordinanza

La Corte Costituzionale, richiamando la sua precedente pronuncia n. 250/2017 (si veda: Corte costituzionale: Legittimità del D.L. n. 65/2015 in tema di perequazione delle pensioni), afferma come le scelte poste in essere dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità ed a tutela delle esigenze finanziarie dello Stato, non appaiano affatto irragionevoli.
Nello specifico, i Giudici considerano legittimo, poiché richiesto a tal fine, il sacrificio parziale e temporaneo dell’interesse dei pensionati a tutelare il potere di acquisto dei propri trattamenti, attuato in ossequio dei principi di adeguatezza e proporzionalità, come dimostrato dalla scelta di riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, sino a escluderla per i trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS.

La legittimità della finalità della scelta legislativa, secondo la sentenza, è evidente, posto che l’obiettivo è quello di destinare le limitate risorse finanziarie disponibili, in via prioritaria, alle categorie di pensionati con i trattamenti più bassi.
Ciò, infatti, soddisfa un canone di non irragionevolezza che trova riscontro nei maggiori margini di resistenza, agli effetti dell’inflazione, da parte delle pensioni di importo più alto, che rimangono adeguate nonostante il blocco temporaneo della perequazione.

La suddetta scelta, pertanto, a giudizio della Consulta, risulta essere suffragata dal rispetto del principio del bilanciamento complessivo degli interessi costituzionali che, in un mutevole contesto economico, ha imposto l’adozione di misure di contenimento della spesa.

Su tali presupposti, la Corte ha, dunque, dichiarato la manifesta infondatezza delle citate questioni di legittimità sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.

A cura di Fieldfisher