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Dal telelavoro al lavoro agile: smart working nella legge e nella contrattazione collettiva


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Questa monografia di approfondimento è stata realizzata dalla Fondazione regionale Pietro Seveso (Anna M. Ponzellini) nel 2010. L’indagine si pone come obiettivo quello di comprendere in una prospettiva sociologica, come mai il telelavoro – ovvero uno strumento per eccellenza indicato per migliorare la conciliazione tra vita e lavoro – continui ad essere scarsamente utilizzato.

Sull'argomento leggi anche gli approfondimenti:
   1. Alcune considerazioni sulla conciliazione vita-lavoro.
   2. Lavoro Agile, sicurezza e tutela assicurativa.

L’indagine non solo ha analizzato i risultati di diverse sperimentazioni messe in atto da aziende private, da amministrazioni ed enti pubblici, da lavoratori dipendenti e da professionisti autonomi ma ha anche raccolto, tramite interviste, i giudizi – positivi e critici – dei dirigenti che hanno guidato queste esperienze.

Insieme ad alcune informazioni generali sulle varie forme di lavoro a distanza (Prima parte), lo studio fa il punto delle principali criticità emerse (Seconda Parte) e avanza alcune proposte per la messa a punto di strumenti di indirizzo e di sviluppo (Raccomandazioni). In particolare vengono elaborati suggerimenti per i lavoratori e per le parti sociali, chiamati a regolare il telelavoro in assenza di uno specifico intervento del legislatore.

In Italia, l'accordo sul telelavoro è stato siglato nel giugno 2004 da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria (più altre 19 associazioni imprenditoriali). A seguito di questo accordo le norme sul telelavoro sono entrate nella maggior parte dei contratti collettivi nazionali. Sono anche stati siglati importanti accordi aziendali (tra i più importanti: Telecom, IBM Group, Bull, Tim, Poste italiane, Inps, Università di Verona, Inail).

A distanza di anni, la ricerca di Anna M. Ponzellini torna ad essere attuale per la parziale trasposizione delle problematiche proprie del telelavoro nel lavoro agile (smart working – L. 22 maggio2017, n. 81).

Se nel 2007 i lavoratori in telelavoro rappresentavano solamente il 3,2% degli occupati, un recente studio europeo ha recentemente messo in evidenza che tuttora l’Italia è il paese europeo dove il telelavoro e lo smart-working sono meno praticati. In Italia, nel 2017, possono lavorare occasionalmente o stabilmente fuori dell’ufficio circa il 7% degli occupati, la metà che in Spagna, un quarto della Francia, meno di un quinto dei paesi scandinavi, dove un terzo della forza lavoro può operare da casa o da luoghi diversi dall’ufficio aziendale. La giustificazione di questi numeri risiede nell’incertezza di un quadro normativo mai sufficientemente delineato che ha finito per creare diffidenza intorno l’istituto del telelavoro tanto nei datori di lavoro quanto nei sindacati.

Con l’approvazione del cosiddetto Jobs act del lavoro autonomo (L. 22 maggio 2017, n. 81), il lavoro agile trova una cornice normativa, che potrà agevolarne la diffusione in quelle realtà aziendali che intendano superare le logiche tradizionali del lavoro subordinato, come il luogo e l’orario della prestazione lavorativa.

Anpal Servizi s.p.a. ha pubblicato, in data 16 aprile 2018 sul proprio sito, un prezioso documento che consente di fare il punto sul più recente quadro normativo del lavoro agile ( INPS - Circ. n. 163 del 3.11.2017; INAIL - Circ. n. 48 del 2.11.2017 );   riportando alcuni esempi di contratti collettivi che già prevedono forme di attuazione del lavoro agile. In particolare vengono considerati tre accordi, che riguardano la Barilla, la General Motors Powertrain – Europe S.r.l, entrambi del 2015 e l'ENI, del 2017.

 

a cura della Redazione di Lavorosì