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Cassazione: onere della prova per omissione contributiva grava sull’organo dell’accusa


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Con la sentenza n. 4206 del 30.01.2018, la Cassazione penale afferma che, in ordine all’omissione contributiva, grava sull’organo dell’accusa l’onere di provare il superamento da parte del datore di lavoro della soglia di rilevanza penale, che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 8/2016, è pari ad € 10.000,00.

Il fatto affrontato

Il datore di lavoro, in conseguenza del mancato versamento di trattenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei dipendenti per € 3.679,00, viene colpito da un decreto di condanna con multa ammontante ad € 3.810,00. Nonostante la depenalizzazione (per le omissioni inferiori ad € 10.000,00) intervenuta ad opera del D.Lgs. 8/2016, applicabile retroattivamente, il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigetta l’opposizione avanzata dal medesimo.

La sentenza

La Cassazione – ribaltando quanto stabilito dal Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione – ha affermato che spetta al PM provare, in presenza di un’omissione contributiva, il superamento da parte del datore di lavoro della soglia di rilevanza penale, stabilita dalla riforma del 2016 in € 10.000,00 annui.

I Giudici di legittimità, rilevando che la disciplina di maggior favore introdotta dal D.Lgs. 8/2016 si applica anche alle violazioni commesse prima della sua entrata in vigore, censurano la pronuncia del giudice dell’esecuzione, il quale avrebbe dovuto considerare solo la specifica contestazione, prendendo atto dell’intervenuta depenalizzazione, senza addossare al datore di lavoro l’onere di provare il mancato superamento della citata soglia.

Su tali presupposti, la Cassazione, stabilendo appunto che grava sull’organo dell’accusa la contestazione in ordine ad eventuali ulteriori omissioni, ha annullato l’ordinanza impugnata e rinviato al Tribunale per un nuovo esame.

A cura di Fieldfisher