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Cassazione: l’omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali non può essere ascritto al socio che non partecipa alla gestione dell’impresa


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Con la sentenza n. 15786 del 09.04.2018, la Cassazione penale afferma che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti non può essere ascritto al socio che non partecipa concretamente alla gestione dell’impresa, spettando il dovere dei suddetti versamenti al legale rappresentante dell’azienda.

Il fatto affrontato

Il Tribunale afferma la penale responsabilità dei due imputati per il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p. e 2 d.l. 463/1983, perché, quali soci accomandatari di una s.a.s., aventi rispettivamente le cariche di presidente del c.d.a. e di legale rappresentante della ditta, avevano omesso di versare all'INPS nei termini prescritti le ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti nei mesi di maggio, giugno e luglio 2010.

La sentenza

La Cassazione, preliminarmente, ribadisce il principio secondo cui l'obbligo del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti grava nelle imprese collettive sul soggetto che secondo il tipo e l'organizzazione ha la responsabilità dell'impresa stessa o della singola unità produttiva.

In particolare, secondo i Giudici di legittimità, nelle società in accomandita semplice tale dovere grava sul socio accomandatario al quale è stata conferita l'amministrazione della società e, quindi, la rappresentanza nei rapporti con i terzi.

La sentenza afferma, inoltre, che il reato contestato, integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, è a dolo generico, che deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non può essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, già consumate, a seguito della notifica dell'avviso di accertamento dell'Inps, che rileva unicamente per consentire l'eventuale ravvedimento operoso del soggetto fino a quel momento inadempiente.

Su tali presupposti, visto che, nel caso di specie, il presidente del c.d.a., oltre a non essere formalmente responsabile (non essendo il legale rappresentante della ditta), non si occupava neppure nel concreto della gestione dell’impresa e non poteva, quindi, aver agito con dolo, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal medesimo, prosciogliendolo dal reato ascrittogli.

A cura di Fieldfisher