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DURC , gli interventi della giurisprudenza


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Il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) certifica il regolare versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi da parte di imprese e lavoratori autonomi in occasione, fra l’altro, di partecipazione a gare indette per l'affidamento di appalti pubblici o di concessioni di servizi o ancora di realizzazione, nel settore dell'edilizia, di lavori o opere in favore di committenti privati ( i n tal senso già la L. n. 494 del 1996, art. 3, comma 8, lett. b, la cui disciplina è stata prima riscritta dal D.L. n. 210 del 2002, art. 2, poi dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38 e, nel frattempo, estesa ai committenti privati nel settore edilizio dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 10). 

Il DURC, inoltre, fa sentire il suo potere condizionante per riflesso dell’art. 1, comma 1175. L. n. 296/2006 secondo cui “a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. 

Dati gli interessi in gioco, si comprende facilmente come i DURC negativi possano essere fonte di tensioni fra aziende e enti previdenziali, fino a sfociare in veri e propri contenziosi. 

Dare uno sguardo alla giurisprudenza formatasi a questo proposito, anche se senza pretese di esaustività, può essere, pertanto, utile. 

Fin dove arriva l’onere del DURC

Nel commentare l’art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006, è consolidata la considerazione secondo cui esso riguarda le agevolazioni di natura contributiva e fiscale ma non i regimi contributivi propri di interi settori, di specifici territori o di determinate figure contrattuali, come tali applicabili a prescindere dalla sussistenza, o meno, della regolarità contributiva. 

Su questa distinzione è intervenuta in maniera appropriata la Corte d’Appello di Milano, sentenza n. 1075/2019, affermando che l’aliquota contributiva riguardante i contratti di apprendistato non si configura come un beneficio contributivo. 

Come sottolinea la sentenza, si tratta, infatti, del normale regime previdenziale di un contratto di lavoro - come l’apprendistato - con una speciale causa, per questo subordinato alla sussistenza del requisito della regolarità contributiva accertata mediante il DURC. 

Al fine di stabilire fin dove arriva l’onere del DURC, ha una valenza generale quanto affermato dalla Cassazione, sentenza n. 6428/2018: la “ … L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1175, … in riferimento al DURC (documento unico di regolarità contributiva) finalizzato alla fruizione dei benefici normativi e contributivi, subordina al possesso del medesimo come interpretata dalla circolare n. 5 del 2008 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, a sua volta, individua i benefici contributivi e normativi negati in caso di mancato rilascio del DURC negli sgravi collegati alla costituzione e gestione del rapporto di lavoro che rappresentano una deroga all'ordinario regime contributivo. Tale deroga non configura un'ipotesi di agevolazione nel caso in cui lo sgravio non rappresenti una riduzione di un'aliquota più onerosa, calcolata secondo i normali parametri statistico-attuariali, ma rappresenti la regola per un determinato settore o categoria di lavoratori (così come avviene per taluni settori produttivi, territori ovvero specifiche tipologie contrattuali (apprendistato) con una speciale aliquota contributiva prevista dalla legge”.

La mancata segnalazione da parte dell’Istituto previdenziale della specifica irregolarità 

Tre decisioni della Corte di cassazione - n. 27107, n.27108 e 27109 del 2018 - hanno affrontato un contenzioso legato ad una situazione di partenza così riassumibile: l’azienda aveva versato la prevista contribuzione ma omesso la trasmissione telematica dei DM10 dei relativi mesi e fruito di sgravi legati ad assunzione di lavoratori in mobilità; l’Inps aveva trasmesso una nota di rettifica con cui chiedeva le differenze contributive assumendo che gli sgravi erano stati fruiti in una situazione di irregolarità (secondo lo schema del cosiddetto DURC interno), ma non si era attenuto a quanto previsto dall’art. 7 del DM 24 ottobre 2007. 

Difatti, l’Inps invitava l’azienda a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, ma solo successivamente chiariva che l’irregolarità era legata al mancato invio dei DM10 che, a quel punto, venivano trasmessi dall’azienda. 

Ricorrendo tali circostanze, la Cassazione, nonostante la mancata osservanza del procedimento di cui al predetto art. 7 del DM, giunge alla conclusione che la pretesa dell’Inps di recuperare gli sgravi era legittima: “consentendo la sanatoria in assenza di tale procedimento, si permetterebbe di attribuire rilevanza ad una regolarizzazione ex post ed in qualsiasi tempo, in contrasto con l'esigenza che è insita nella norma dell'art. 1 co. 1175, con riferimento alla necessaria e costante regolarità contributiva, quale presupposto dell'applicazione degli sgravi contributivi”. Al massimo, secondo le medesime decisioni”… la violazione degli obblighi procedimentali da parte dell'ente previdenziale può comportare una sua responsabilità risarcitoria, per l'impedimento creato al realizzarsi della fattispecie sanante e perdita della chance di fruire degli sgravi, ove si dimostri che l'inadempimento dell'ente ha comportato causalmente un tale danno …”. 

Rispetto a questo orientamento, sul quale si potrebbero fare diverse osservazioni critiche, ci si limita a segnalare la modifica normativa sopravvenuta, non priva di riflessi sul rapporto fra aziende e sistema di controllo sul corretto adempimento delle obbligazioni contributive. 

Difatti, disposta l’abrogazione dell’intero DM del 2007, il successivo DM del 30 gennaio 2015 è decisamente più circostanziato nel responsabilizzare gli enti previdenziali, prevedendo che “qualora non sia possibile attestare la regolarità contributiva in tempo reale … , l'INPS, l'INAIL e le Casse edili trasmettono tramite PEC, all'interessato o al soggetto da esso delegato ai sensi dell'art. 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, l'invito a regolarizzare con indicazione analitica delle cause di irregolarità rilevate da ciascuno degli Enti tenuti al controllo” (art. 4).

DURC e discrezionalità amministrativa 

Sulla natura del potere degli enti previdenziali in merito al riconoscimento, o meno, della regolarità contributiva sono state prospettate dalla Cassazione, sentenza n. 5825/2021, considerazioni di indubbia rilevanza.

Secondo questa sentenza, il giudizio sulla “… regolarità contributiva non presenta affatto quei margini di discrezionalità che invece rivendica l'INPS al fine di sostenere addirittura che la controversia circa il suo mancato rilascio sfuggirebbe alla giurisdizione del giudice ordinario: … risulta all'opposto dalla normativa … che l'unico presupposto realmente sotteso all'accertamento della "regolarità contributiva" è l'adempimento delle obbligazioni concernenti contributi e premi, oltre che di eventuali versamenti dovuti alle casse edili, e che le stesse ipotesi in cui la presenza di un inadempimento non è d'ostacolo al rilascio del DURC sono rigidamente tipizzate dalle fonti primarie e secondarie, per modo che l'ente previdenziale preposto al suo rilascio non è chiamato ad esercitare, nell'ambito del relativo procedimento, poteri discrezionali, ma deve esclusivamente verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti normativamente previsti nello svolgimento di una attività vincolata, di carattere meramente ricognitivo, della cui natura partecipa anche il giudizio tecnico concernente la verifica di cause che non siano ostative al suo rilascio …”

Attività, dunque, meramente ricognitiva della sussistenza nel caso concreto dei presupposti della regolarità e degli inadempimenti che non pregiudicano il rilascio del DURC, tutti indicati direttamente dalla legge, senza margini che consentano agli enti preposti al DURC di dare discrezionalmente rilievo ad elementi non considerati dalla legge. 

A fronte di provvedimenti di condanna degli enti previdenziali a rilasciare il DURC positivo emessi da Giudici del lavoro, la stessa sentenza esclude che il giudice ordinario possa condannare l'ente previdenziale a rilasciare il DURC in controversie in cui un'azienda o un lavoratore autonomo lamenti il mancato rilascio per presunte irregolarità contributive.

A questo osta, ad avviso della sentenza, la L. n. 2248 del 1865, art. 4, all. E, che prevede il divieto, a carico del giudice ordinario, di condannare la pubblica amministrazione ad un facere.

Tuttavia, sempre ad avviso della sentenza, al giudice ordinario, al quale non si può proporre validamente alcuna domanda di condanna al rilascio del DURC, certamente può chiedersi - in presenza un interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. - l'accertamento della situazione di "regolarità contributiva".

Ulteriori orientamenti giurisprudenziali

Nella giurisprudenza di merito si ritrovano diverse decisioni che trattano di aspetti non secondari della disciplina del DURC. 

Quale è il presupposto che giustifica la negazione della regolarità? 

A questo interrogativo, ovviamente molto rilevante, non sono mancate risposte che hanno teso a circoscrive l’irregolarità rilevante. 

Nella sentenza n. 1490/2019 del Tribunale di Roma sono queste le parole impiegate nella suddetta prospettiva: “a) la stessa espressione <documento di="" regolarità="" contributiva=""> rimanda letteralmente all’idea che conti che si sia in regola con gli obblighi contributivi e non necessariamente col rispetto rigoroso delle forme della denuncia contributiva; b) il DM 30 gennaio 2015 esclude chiaramente che qualunque irregolarità negli adempimenti osti al rilascio del DURC, stabilendo piuttosto all’art. 3, comma 1, che la <verifica riguarda="" …="" i="" pagamenti="" dovuti="" dall’impresa="">, ed all’art. 3, comma 3 che non osta al rilascio del DURC uno scostamento non grave tra somme dovute e somme pagate; c) Il DM non si è espresso riguardo alle violazioni non inerenti all’inadempimento sostanziale degli obblighi contributivi, se non all’art. 8 che rimanda ad un allegato A nel quale non compare la violazione delle disposizioni regolamentari di compilazione delle denunce contributive”</verifica></documento><documento di="" regolarità="" contributiva=""><verifica riguarda="" …="" i="" pagamenti="" dovuti="" dall’impresa="">. </verifica></documento>

Da parte del Tribunale di Milano, ci si è mossi sulla stessa falsariga: “L’interpretazione della normativa applicabile … va nel senso che il DURC va negato solo a seguito dell’accertamento di un inadempimento di natura sostanziale. Lo stesso art. 3 salva addirittura <uno scostamento="" non="" grave="" tra="" le="" somme="" dovute="" e="" quelle="" versate=""> a riprova che ove tutta la contribuzione sia versata … la regolarità debba essere riconosciuta." </uno>

Né, infine, può condividersi l’interpretazione dell’art. 3 del DM 30/1/2015 fornita dall’INPS secondo cui l’espressione <pagamenti dovuti,="" scaduti="" sino="" all’ultimo="" giorno="" del="" secondo="" mese="" antecedente="" a="" quello="" in="" cui="" la="" verifica="" è="" effettuata="" ,="" condizione="" che="" sia="" scaduto="" anche="" il="" termine="" di="" presentazione="" delle="" relative="" denunce="" retributive=""> dimostra che presupposto per la dichiarazione di regolarità è il rispetto del complesso di adempimenti posti a carico del datore di lavoro ovvero la presentazione delle denunzie obbligatorie e il relativo pagamento.</pagamenti>

Si osserva infatti come l’interpretazione della norma sia piuttosto quella secondo cui a rilevare è il pagamento effettuato in ritardo non solo rispetto alla data di versamento, ma anche rispetto alla data di presentazione della denuncia. Anche tale norma peraltro non fa che attribuire rilevanza all’atto sostanziale del versamento” (Tribunale Milano, sentenza n.1957/2020). 

Una volta considerata sussistente l’irregolarità, ci si è chiesti quali siano gli effetti sui benefici contributivi di cui si è già fruito o ancora da fruire.

A tal proposito, non sono mancati orientamenti del seguente tenore: “… si ritiene che in un’ottica ermeneutica di tutela dell’affidamento del contribuente, si lasci preferire la seconda delle due soluzioni interpretative, in base alla quale la norma di cui all’art. 1 comma 1175 della l. n. 296/06 impedisce per il futuro la fruizione di sgravi contributivi alle aziende che, per irregolarità contestate, non abbiano ottenuto il rilascio del DURC ovvero siano state oggetto di accertamento, ma non legittima il recupero di sgravi fruiti prima che l’irregolarità venisse accertata (cfr Tribunale di Chieti, Sez. Lav. 276/2020). In questo senso, d’altronde, depone il tenore letterale della norma, che attribuisce rilevanza essenziale al possesso, ad una certa data, di una determinata documentazione (attestante la regolarità contributiva), costituente presupposto per la concessione del beneficio. In tal senso, lo stesso art. 4 del D.M. 30 gennaio del 2015, ha previsto una specifica disciplina volta a consentire al contribuente di sanare l’accertata situazione di irregolarità contributiva prevedendo, quale effetto della mancata sanatoria, esclusivamente la comunicazione dell’attuale irregolarità contributiva ai soggetti interessati. In tale prospettiva, solo all’esito di tale procedimento, nell’ambito del quale il contribuente avrebbe potuto sanare la propria irregolarità, l’Inps potrà, ai sensi dell’art. 1 comma 1175 della l. n. 296 del 2006 disconoscere, per il futuro, i benefici contributivi dei quali il contribuente sarebbe ammesso, altrimenti, a godere non potendo, invece, disconoscere benefici già goduti in passato in presenza di irregolarità che non abbiano condotto al diniego di rilascio del DURC ovvero all’attivazione di un procedimento come quello di cui all’art. 4 del DM citato. 

Inoltre, con la circ. n. 3 del 18.07.2017, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito alcuni rilevanti chiarimenti proprio in merito alla fruizione dei benefici normativi e contributivi di cui trattasi. In tale nota viene ribadito che l’assenza del DURC, in linea generale, determina il mancato godimento dei benefici di cui gode l’intera compagine aziendale, ma solo per il relativo periodo. Ciò comporta che l’accertata assenza del DURC determini il venir meno dei benefici de quibus limitatamente al relativo periodo di assenza dello stesso senza, invece, legittimare un’efficacia retroattiva per i periodi connotati da regolarità contributiva. 

… Si ritiene, dunque, illegittimo l’avviso di addebito emesso da INPS, mediante il quale viene intimata la ripetizione … di tutte le agevolazioni contributive godute nel periodo compreso tra l’aprile 2016 e il luglio 2018, a seguito di emissione di DURC negativo solo nel 2018 per l’omesso versamento della aliquota contributiva dello 0,8%, relativa al trattamento speciale per la disoccupazione dei dipendenti del settore edile ex lege 427 del 1975 riguardo ai periodi 05/2015, 06/2015, 10/2015 e 11/2015, peraltro per una cifra irrisoria rispetto all’importo dei contributi richiesto con l’avviso di addebito” (Tribunale Roma, sentenza n.3636/2021).

Orientamenti, dunque, interessanti, senza che possano darsi per consolidate soluzioni non confermate nei vari gradi di giudizio. 

Prof. Avv. Angelo Pandolfo Partner Fieldfisher