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Cassazione: lo sgravio contributivo non spetta al datore che assume nuovi lavoratori a seguito di un trasferimento d’azienda


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Con la sentenza n. 10431 del 02.05.2018, la Cassazione afferma che il datore non può legittimamente fruire dei benefici contributivi previsti per l'assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, qualora detta assunzione avvenga, quale adempimento di un obbligo di legge previsto dall’art. 2112 c.c., nel contesto di un trasferimento di azienda.

Il fatto affrontato

La società propone opposizione giudiziale ad una cartella esattoriale Inps, avente ad oggetto il recupero dei contributi non versati per l'illegittimo godimento dello sgravio previsto dall'articolo 8, comma 4, della legge 223/1991 e l'irrogazione delle relative sanzioni per evasione contributiva.
Nello specifico l’Istituto previdenziale contesta all’impresa di aver assunto i lavoratori per i quali aveva goduto dell'incentivo, in forza di un contratto di affitto d'azienda siglato antecedentemente con il vecchio datore di lavoro, a pochi giorni di distanza dal dichiarato fallimento di quest'ultimo e dal licenziamento dei dipendenti.

La sentenza

La Cassazione, preliminarmente, ribadisce che l’art. 8 della l. 223/1991, oggi abrogato, prevede che al datore che, senza esservi tenuto, assuma a tempo pieno ed indeterminato i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, è concesso uno specifico beneficio, e cioè un contributo mensile pari al cinquanta per cento dell'indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta ai prestatori.

I Giudici di legittimità sottolineano, però, come allo scopo di evitare condotte fraudolente, i suddetti benefici siano esclusi con riferimento a quei lavoratori collocati in mobilità da parte di un’azienda che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume ovvero risulti con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo.

Tale situazione, secondo la sentenza, è ravvisabile anche ogniqualvolta risulti applicabile la disposizione contenuta nell’art. 2112 c.c., ossia quando risulti immutata l’organizzazione aziendale e vi sia soltanto una mera sostituzione della persona del titolare posta in essere con qualunque strumento giuridico adeguato.

Posto che, un contratto denominato dalle parti affitto d’azienda rientra sicuramente tra le suddette ipotesi di applicazione dell’art. 2112 c.c., la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla società, affermando l’illegittimità della condotta datoriale, volta esclusivamente ad ottenere vantaggi in elusione della normativa vigente in materia.

A cura di Fieldfisher