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Cassazione: in caso di trasferimento d’azienda non spettano i benefici contributivi per le nuove assunzioni


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Con l’ordinanza n. 23781 del 24.09.2019, la Cassazione afferma che il diritto ai benefici per l'assunzione dei lavoratori dalle liste di mobilità (previsto dalla l. 223/1991 e abrogato a decorrere dal 2017) va escluso quando tra il vecchio ed il nuovo datore sia intervenuto un contratto di affitto del complesso dei beni aziendali tale da configurare un trasferimento di azienda.

Il fatto affrontato

La società popone opposizione giudiziale avverso la cartella esattoriale tesa al recupero, da parte dell'INPS, dei contributi previdenziali non versati in virtù dell’agevolazione riconosciuta, dalla l. 223/1991, per l'assunzione dei prestatori dalle liste di mobilità.
Secondo l’Ente previdenziale detto beneficio non spettava all’azienda che – dopo aver preso in affitto due imprese dichiarate fallite, senza subentrare nei contratti di lavoro in essere con i relativi dipendenti – aveva assunto gli stessi lavoratori, che erano stati inseriti nelle liste di mobilità, fruendo degli sgravi contributivi previsti dalla l. 223/1991.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che la finalità delle agevolazioni previste dalla l. 223/1991 è quella di incentivare l'assunzione di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e fruiscono di un'indennità a carico del sistema previdenziale.
Tale finalità sarebbe frustrata, dunque, se la norma fosse usata per ottenere benefici contributivi attraverso la collocazione in mobilità e poi la riassunzione presso la stessa azienda dei medesimi prestatori.

Secondo i Giudici di legittimità, il diritto ai predetti benefici va escluso anche in ordine all’assunzione di lavoratori provenienti da una diversa società, con la quale sia intervenuto, però, un contratto di affitto del complesso dei beni aziendali, idoneo a configurare un trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c.
Per la sentenza, non rileva, a tal fine, che la cessione sia avvenuta nell'ambito di una procedura fallimentare, in quanto il fallimento della società non determina, di per sé, il venir meno del bene giuridico dell’azienda, inteso come complesso di elementi materiali e giuridici organizzati al fine dell'esercizio dell'impresa.

Su tali presupposti, la Suprema Corte – ritenendo che, nel caso di specie, non c’era stata la cessazione effettiva dell'attività delle aziende di provenienza e l'assunzione presso un nuovo complesso produttivo – respinge il ricorso della società.

A cura di Fieldfisher